IL
MIO CONCILIO
Riportiamo
il testo dell'intervento di Mons. Luigi Bettazzi all'interno della
nostra Cattedra del Concilio lo scorso 31 gennaio.
Una
delle più grandi grazie che il Signore mi ha fatto è stata quella
di partecipare al Concilio Vaticano II. Diventato vescovo nell'autunno
del 1963, all’età di quarant’anni, ho potuto essere ‘Padre conciliare’
per le ultime tre sessioni del Concilio. All'inizio della seconda
sessione Paolo VI, appena succeduto a Giovanni XXIII, aveva nominato
quattro Cardinali Moderatori, che guidassero le Assemblee generali,
e fra questi c'era il card. Giacomo Lercaro, Arcivescovo di Bologna,
di cui ero Vescovo Ausiliare. E il card. Lercaro, che voleva impegnarsi
a fondo per la liturgia, argomento in cui era molto esperto e
pastoralmente impegnato, aveva chiamato a Roma don Giuseppe Dossetti
perché lo aiutasse nel seguire lo sviluppo delle varie tematiche,
soprattutto quella della "Chiesa dei poveri", portandolo praticamente
a diventare Segretario informale dei Moderatori. Questo mi ha
permesso di seguire lo svolgersi del Concilio cogliendo aspetti
che potevano sfuggire ai resoconti ufficiali.
Dall’interno
invece, accanto alla esperienza di un episcopato veramente mondiale
(per la prima volta i vescovi africani erano africani, indigeni,
così come lo erano gli asiatici e i latinoamericani), si coglieva
che quanto era stato preparato sembrava un riassunto un po' scolastico
della dottrina tradizionale, mentre bisognava guardare al futuro,
presentare la verità di sempre in modo adatto alla gente di oggi,
proprio secondo il progetto di Papa Giovanni, che parlava di un
Concilio che partisse - come diceva lui - dai "segni dei tempi",
dal punto di sviluppo a cui era giunta l'umanità, per orientarla
verso il regno di Dio, verso il mondo come Dio lo vuole.
Fu
proprio al mio arrivo, nell'autunno del 1963, che trovai i vescovi
scossi dal successo della Pacem in terris, l’Enciclica promulgata
da Papa Giovanni poco prima della sua morte, ma quasi sconcertati
che il Papa l'avesse pubblicata a Concilio aperto senza farne
parola ai vescovi. E forse fu proprio quell'Enciclica e il successo
da essa provocato nel mondo ad indurre i vescovi a raccogliere
materiali sparsi in un Documento che mettesse la Chiesa in dialogo
ed in collaborazione con "gli uomini di buona volontà", ai quali,
oltre che ai cattolici, si rivolgeva la Pacem in terris.
Un'altra
novità che sperimentai fu di trovare gli altri cristiani (venivano
chiamati "fratelli separati",mentre prima erano quasi condannati
alla perdizione) presenti come "osservatori", attenti e sorpresi
di vedere il dialogo aperto e libero tra i vescovi (dunque non
si era costretti dal Papa "ad obbedir tacendo"!), e attraverso
i loro raduni settimanali messi in grado di osservare e di suggerire.
Credo che noi vescovi siamo stati i primi "convertiti" dal Concilio,
nel senso che abbiamo chiarito e maturato posizioni che in antecedenza
non avevamo, camminando sempre in sintonia col Papa, che faceva
sentire la sua opinione, suggeriva, talora frenava, e che alla
fine ha firmato per primo tutti i Documenti. E così abbiamo compreso
che la Chiesa è popolo di Dio, che cammina guidato dalla Gerarchia,
ma che ascolta ed accoglie quanto lo Spirito Santo sollecita dove
e come vuole. Il carisma della Gerarchia - a tutti i livelli -
è quello di dire l'ultima parola, che però è l'ultima se prima
ve ne sono state altre. Credo
dunque che il Concilio abbia portato la Chiesa dove la stessa
maggioranza dei vescovi non pensava; forse dove non pensava lo
stesso papa Giovanni, che credeva all'importanza di un Concilio
(e per questo l'aveva indetto) ma che sembrava già soddisfatto
della settantina di Documenti preparati in antecedenza, che poi
i vescovi sostituirono con nuovi testi!
In
realtà l'efficacia del Vaticano II è derivata dall'essere giunto
all'improvviso, deciso da papa Giovanni XXIII senza aver consultato
i suoi collaboratori (Pio XII, che aveva proposto l'idea di un
Concilio, ne venne dissuaso proprio dai suoi collaboratori!),
convinto dell'importanza di un Concilio ma forse senza avere ben
chiaro gli esiti. Il secondo motivo di positività fu che papa
Giovanni lo indisse non come Concilio "dogmatico", che cioè definisse
alcune verità (i dogmi) comminando "anatemi" cioè condanne a quanti
non li avessero accettati, bensì come Concilio "pastorale", che
parte cioè dalle persone e dai popoli del nostro tempo, dalle
loro culture, dalle loro storie, dalle loro mentalità per condurli
verso il regno di Dio, il mondo come Dio lo vuole (che dà "gloria
a Dio e pace in terra"), di cui la Chiesa è "sacramento", cioè
segno sensibile e strumento efficace. Ma la ragione più forte
della sua positività fu che papa Giovanni fece capire fin dall'inizio
che il Concilio era nelle mani dei Vescovi, concedendo ai vescovi
il tempo di modificare totalmente la composizione delle Commissioni
di studio preparate dalla Segreteria - espressione delle strutture
centrali - e decidendo d'autorità la rielaborazione del Documento
su "le fonti della Rivelazione", che la maggioranza aveva respinto,
ma senza raggiungere la maggioranza dei due terzi dei Padri conciliari,
come il Regolamento esigeva per riscrivere un Documento. E Paolo
VI che nel primo periodo, come Arcivescovo di Milano, s'era reso
conto del pericolo che il Concilio venisse ‘addomesticato’ da
chi, appellandosi alla tradizione, temeva troppi cambiamenti,
accolse la proposta che il Concilio fosse guidato da Vescovi membri
dell'Assemblea, e nominò quattro Cardinali Moderatori che furono
in grado di assecondare l'esigenza di rinnovamento che emergeva
con forza dall'insieme dei Vescovi. Se volessimo fare un bilancio
del Concilio dovremmo dire che le quattro Costituzioni già costituiscono
il segno della "Pentecoste del nostro tempo", come si espresse
papa Giovanni: la Parola di Dio è tornata nelle mani dei fedeli,
la liturgia è diventata la preghiera della comunità, la Chiesa
non si sente luogo esclusivo della salvezza quanto piuttosto"sacramento"
(cioè "segno e strumento") di Cristo che salva anche al di là
dei suoi confini visibili, e che deve esserlo soprattutto nella
realtà e nella testimonianza della "comunione" a tutti i livelli.
E i cristiani dovranno dialogare e collaborare con tutta l'umanità
nel cammino verso il Regno, cioè verso il mondo come Dio lo vuole.
Accanto alle Costituzioni il Concilio ha prodotto alcuni Decreti
e Dichiarazioni, in particolare circa il dialogo ecumenico fra
le chiese cristiane, il dialogo con le altre religioni, a cominciare
dal dialogo con gli Ebrei. Non mancano in questi testi puntualizzazioni
importanti circa la libertà religiosa, prima guardata quasi come
una rinuncia alla fede. In particolare i vescovi nordamericani
fecero aperte pressioni perché si giungesse alla dichiarazione
sulla libertà da garantire alla religione (a tutte le religioni),
come garanzia di una vera fede personale. Arrivarono a dichiarare
che non sarebbero tornati in patria senza quella dichiarazione.
Giunto
in Concilio quando Giovanni XXIII era già stato sostituito da
Paolo VI, mi resi conto di come l'atteggiamento di Giovanni, pur
ignaro delle conclusioni, avesse però orientato il Concilio. Quando,
alla presentazione delle candidature per le Commissioni, accuratamente
preparate dalla Segreteria - quindi praticamente dalla Curia,-
alcuni vescovi chiesero con insistenza che si desse il tempo di
conoscere i candidati, fu Papa Giovanni ad acconsentire: e dopo
tre giorni le liste erano completamente rinnovate. Così i Padri
conciliari cominciarono a rendersi conto che erano loro i protagonisti
del Concilio.
Quello
che subito risaltò ai miei occhi fu l'ecumenicità del Concilio.
Tutti i Concili antecedenti (dai primi sette della Chiesa indivisa
agli altri tredici della Chiesa cattolica romana) erano stati
ecumenici, cioè mondiali; ma in realtà, se lo erano istituzionalmente,
- convocati e soprattutto approvati dal Sommo Pontefice,- sociologicamente
raccoglievano vescovi provenienti solo da alcuni territori della
Chiesa universale: dal Medio Oriente e dal Mediterraneo i primi
Concili, dall'Europa gli altri, taluni (come Trento) dall'Europa
latina, altri (come il Vaticano I) dall'Europa missionaria. Per
la prima volta ora si trovavano presenti vescovi di tutti i popoli
e di tutte le culture, portando le loro svariate sensibilità,
le attese e le speranze della loro gente. Me lo diceva un vescovo
africano, segnalando la nostra tendenza a ripiegarci sul passato,
mentre lui - conosciuto il cristianesimo a dieci anni grazie al
primo missionario cattolico giunto nel suo territorio - era invece
automaticamente portato a rivolgersi al futuro. Sono trascorsi
cinquant’anni dall’apertura del Concilio e non mancano voci che
chiedono un nuovo Concilio. Non sembri strano che a una domanda
del genere io risponda con esitazione. Proprio il cardinale Martini,
nella sua acutezza e saggezza, in realtà non chiese un nuovo Concilio,
bensì assemblee generali di tutto l'episcopato su punti particolari
della dottrina teologica o della vita morale (es. i problemi della
bioetica o della vita sessuale, o l’accoglienza dei divorziati
risposati), con l'autorevolezza quindi di un Concilio Ecumenico,
ma senza la prospettiva di allargare la visuale a tutte le problematiche
ecclesiali (come fece appunto il Concilio Vaticano II), nel timore
- certo ingiustificato data l'azione dello Spirito Santo sempre
sorprendente - di un ritorno all'indietro rispetto al cammino
fatto dal Vaticano II, per le spinte - innegabili - a ricuperi
e ridimensionamenti. Il Concilio Vaticano I infatti fu gestito
completamente dal gruppo che non voleva cambiamenti (pare che
Pio IX l'avesse convocato anche per avere suggerimenti "se" e
"come" rinunciare allo Stato della Chiesa) fino alla definizione
del primato e infallibilità del Papa. Purtroppo la gestione centralizzata
continua negli attuali Sinodi episcopali e li rende meno "collegiali"
e forse meno efficaci.
Un
bilancio onesto del Concilio dovrebbe concludere riconoscendo
un "già e non ancora". Nel senso che se guardiamo al passato dobbiamo
dire che molto è stato fatto; ma se pensiamo a quello che avrebbe
potuto essere dobbiamo riconoscere che ancora molto resta da fare;
e questo può derivare non solo dall’azione frenante di chi non
vuol modificare le proprie posizioni, di sicurezza più che di
potere. Questo già appariva durante il Concilio nella preoccupazione
della minoranza e in particolare del vescovo Marcel Lefebvre:
costoro erano persuasi che… abbandonando la "tradizione" si finisse
col "tradire" la Rivelazione. Bisogna anche riconoscere che una
Chiesa così estesa e così varia ha bisogno di tempo per accogliere
e far propri rinnovamenti tanto profondi, e questo non tanto sul
piano dogmatico quanto di atteggiamenti personali e comunitari,
nel rispetto delle molte e varie mentalità e culture. Credo ci
si debba rendere conto che la fedeltà alla tradizione ci garantisce
il contatto con la Rivelazione, ma tradizione (dal latino "tradere")
non vuol dire bloccare sul passato, quanto trasmettere la verità
di sempre in forme adatte e comprensibili da chi le deve ricevere
e vivere. Bisogna far sì che la Parola di Dio diventi veramente
lo spirito che anima la Chiesa e che la liturgia, come dichiara
il Concilio, diventi sempre più il momento più alto e la sorgente
della vita della Chiesa e del cristiano. Soprattutto ci dev'essere
uno slancio ancor più grande per quelle che qualcuno ha voluto
indicare come "rivoluzioni copernicane" e che corrispondono alle
scelte decisive del Concilio: non il mondo per la Chiesa, ma la
Chiesa per il mondo, al servizio di tutta l'umanità; non una Chiesa,
di fatto identificata con la Gerarchia e un laicato passivo, ma
la centralità e la corresponsabilità dell'intero popolo di Dio,
al cui servizio (ministero!) è, nei vari livelli, la gerarchia.
Quando
parlo del Concilio Vaticano II sono persuaso che : ha già dato
molto, ma ha ancora molto da dare. Ed è per questo che anziché
sognare un Concilio Vaticano III, sogno che si attui pienamente
il Vaticano II!
CATTEDRA DEL CONCILIO
nell’Anno della Fede
nella memoria del card. Martini
26
febbraio 2013 ore 21
EBREI
E CRISTIANI:
UN GRANDE PATRIMONIO COMUNE
Rav Giuseppe Laras
LUNEDÌ
4 MARZO ALLE ORE 21
PRIMO
INCONTRO DEL CORSO DI PREPARAZIONE
ALLA CRESIMA PER ADULTI
Informazioni
e iscrizioni rivolgersi in Segreteria parrocchiale
RELAZIONE
ANNUALE
DELLA
CONFERENZA DI SAN VINCENZO
Federico Ozanam
Il nome di Federico Ozanam non dice molto ai nostri amici-benefattori,
anche perché noi da queste pagine li abbiamo informati dell’attività
caritativa della nostra Conferenza di San Vincenzo, ma non abbiamo
mai parlato di lui. Poiché quest’anno ricorre il bicentenario
della sua nascita ci pare giusto illustrare brevemente la vita
e l’opera dell’Ozanam. Egli nacque a Milano il 23 aprile del 1813.
Nella chiesa di San Carlo, a Milano, una lapide ricorda il giorno
del suo battesimo. Nel 1831 conseguì la laurea in legge alla Sorbona
di Parigi, dove però Federico si occupò anche di letteratura e
di storia, partecipando con vivo interesse a dibattiti politici
e letterari. Grande influenza sulla sua formazione ebbe l’amicizia
col professor Bally. Federico conobbe da vicino le povertà delle
soffitte parigine, ne fu profondamente colpito e sentì l’esigenza
di intervenire concretamente nello spirito del Vangelo e sulle
orme di San Vincenzo. Nel 1831, appena ventenne, insieme ad altri
studenti universitari ed al professor Bally, diede vita alla Conferenza
di carità, Associazione che nel 1845 sarebbe diventata la “Società
di San Vincenzo de Paoli” la cui principale caratteristica fu
l’impegno degli associati ad effettuare visite presso i bisognosi,
per stabilire con essi un rapporto amichevole di fraternità: metodo
al quale le attuali Conferenze si uniformano. “Federico fu grande
profeta. 150 anni fa parlare di un’organizzazione di laici che
fa azione ecclesiale era inconcepibile. Ebbene fu proprio questo
il fine della sua opera e fu l’inizio della moderna concezione
del laicato cattolico ed in questo consiste la sua straordinaria
attualità.” (A. Floris : “Un Santo laico per il nostro tempo”)
Il 22 agosto 1997 Federico Ozanam venne beatificato da Giovanni
Paolo II.
Attività
della Conferenza
Non
si è fatto mancare il sostegno economico e psicologico a madri
sole con figli a carico, cercando anche di condividerne e approfondirne
i problemi. Quando si sono presentati casi di malattia non è mancato
l’aiuto economico e il coordinamento dell’assistenza. Si è provveduto
a pagare affitti ALER, spese condominiali e utenze varie. Sono
state sistemate abitazioni con trasporto mobili eseguito dalla
Caritas. Non è mancato il sostegno economico per le vacanze e
per gli studi dei frequentatori dell’oratorio. Un momento di particolare
intensità è quello dell’accoglienza agli utenti del Guardaroba
e del Banco Alimentare: si stabilisce un rapporto di confidenza
e di comprensione che potrebbe assimilarsi ad un centro di ascolto:
c’è il tempo per capire i bisogni e i problemi di persone italiane
e straniere e di consigliare ed aiutare nella soluzione dei vari
problemi. La presenza e la parola del Parroco, che partecipa alle
nostre riunioni, ci ha consentito di approfondire molte delle
tematiche che riguardano l’esercizio della carità. Al Parroco
ed ai Sacerdoti va il nostro ringraziamento per l’accoglienza
ed il sostegno in ogni momento di difficoltà. Da questo foglio
diciamo il nostro “grazie” ai parrocchiani che con il loro contributo
(questue nella prima domenica del mese e partecipazione alla Fiera
Natalizia) sostengono la nostra attività.
BILANCIO
ECONOMICO 2012
ENTRATE
Collette
e Contributi dei Confratelli 6.511,50
Questua alle porte della chiesa 14.869,50
Contributi da Enti e Fondazioni 4.735,00
Contributi da privati 2.000,00
Ricavo Fiera natalizia 13.345,50
Interessi bancari 1.488,15
Totale 42.949,65
USCITE
Interventi
di Assistenza diretta in contanti 19.530,00
Pagamento bollette e Affitti 17.444,70
Pagamento indumenti e alimenti 1.759,60
Trasporti alimenti e mobili 590,00
Offerte ad altre associazioni caritative 1.560,00
Adozione bambino Peruviano 155,00
Adozione bimbo malato in Costa d'Avorio 500,00
Spese amministrative 447,49
Quote dovute agli organi centrali 925,00
Totale 42.911,79
Avanzo
di gestione € 37,86
ATTIVITÀ BANCO ALIMENTARE ANNO
2012
ALIMENTI DISTRIBUITI:
Forniti dal Banco Alimentare: 8.808 kg.
Forniti (e pagati) dalla S. Vincenzo e dalla parrocchia: 550 kg.
(parrocchia €. 1.275,00 e S. Vincenzo €. 1.518,00)
Offerti da ditta Caterpillar: 110 kg.
Totale 9.468 kg.
SERVIZIO
EROGATO A:
74 famiglie “fisse” di cui 42 italiane e 32 straniere pari 178
persone
Per le famiglie “fisse” la distribuzione avviene mensilmente.
135 persone “di passaggio”
Distribuzione mensile x 10 mesi: pacchi 594; persone 1.374;
(media mensile: pacchi 50/55)
Distribuzione una tantum x 12 mesi: pacchi 20;
Distribuzione
parrocchiale di “mini pacchi”: pacchi 115
Il
nostro percorso verso la Pasqua
Quaresima 2013
Da lunedì a sabato
ore 8,45 Celebrazione delle Lodi
Da
lunedì a giovedì
ore 18,00 S. Messa con la celebrazione dei Vespri
Tutti
i venerdì (non si celebra la S. Messa)
ore 9,00 Via Crucis
ore 18,00 Celebrazione dei Vespri
Venerdì
22 febbraio
ore 21,00 in chiesa Adorazione eucaristica
Martedì
26 febbraio
ore 21,00 in oratorio Cattedra del Concilio
Ebrei e Cristiani: un grande patrimonio comune
Rav Giuseppe Laras
Venerdì
1 marzo
ore 21,00 in chiesa Via Crucis meditando la Passione secondo Marco
Venerdì
8 marzo
ore 21,00 in chiesa Via Crucis meditando la Passione secondo Luca
Mercoledì
13 marzo ore 21,00
in oratorio Cattedra del Concilio
La riforma liturgica
prof. Andrea Grillo
Venerdì
15 marzo
ore 21,00 in chiesa Via Crucis meditando la Passione secondo Giovanni
Venerdì
22 marzo
ore 21,00 in chiesa Adorazione eucaristica
L’oratorio
Tutti i mercoledì di quaresima
ore 7,30 - 7,45 Momento di preghiera in chiesa per tutti gruppi
del dopo Cresim
Domenica 24 febbraio
dalle ore 10,00 Ritiro di Quaresima per la Prima Media
Venerdì
1° marzo
ore 18,00 Incontro decanale di Quaresima per la Seconda e Terza
media
Domenica
3 marzo
dalle ore 10,00 Ritiro di Quaresima per la Quinta elementare
Sabato
9 marzo
Ritiro di quaresima decanale per i giovani all’Isola di San Giulio
(iscrizioni da don Paolo)
Domenica
10 marzo
dalle ore 10,00 Ritiro di Quaresima per la Terza elementare
Domenica
17 marzo
dalle ore 10,00 Ritiro di Quaresima per la Seconda e Terza media
Domenica
24 marzo
ore 9,30 Processione degli ulivi dai giardini di via Pinturicchio
ore 10,00 S. Messa
e a seguire ritiro di Quaresima per la Quarta elementare
Per
tutta la Quaresima le offerte di carità raccolte in oratorio saranno
a favore del Monastero Santa Chiara delle Suore Clarisse a Bouar,
Repubblica Centro Africana, a sostegno delle attività nei confronti
della popolazione colpita dalla guerra.
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